Teun Koopmeiners si svegliò quella mattina con una strana sensazione. Il sole filtrava attraverso le persiane della sua stanza a Torino, e tutto sembrava normale, ma un leggero senso di inquietudine gli stringeva il petto. Aveva un allenamento importante con la Juventus e voleva essere al massimo della forma.
Dopo una colazione veloce, salì sulla sua auto e si diresse verso il centro sportivo della Continassa. La strada era libera, il traffico scorreva tranquillo. Mancavano pochi minuti all’arrivo quando, all’improvviso, un’auto sbucò da un vicolo laterale senza preavviso. Teun istintivamente sterzò per evitare l’impatto, ma le ruote slittarono sull’asfalto umido.
Il tempo sembrò rallentare. Il giocatore vide gli alberi sfocati passargli accanto, sentì il rumore stridulo dei freni, poi un impatto violento lo scosse. La sua auto colpì il guardrail e si ribaltò su un lato. Per alcuni interminabili secondi, ci fu solo silenzio.
La prima cosa che sentì fu il suono delle sirene in lontananza. Poi voci concitate, passi affrettati. Cercò di muoversi, ma un dolore acuto gli attraversò la gamba sinistra. Il vetro del parabrezza era frantumato, l’odore dell’olio e della benzina saturava l’aria.
«Ehi, resta con noi! Aiuto, abbiamo bisogno di un’ambulanza!» gridò qualcuno.
Teun riuscì ad aprire gli occhi. Due uomini, probabilmente passanti, stavano cercando di aprire la portiera per tirarlo fuori. Il dolore si fece più intenso quando uno di loro riuscì a sbloccare la cintura di sicurezza.
Pochi minuti dopo, i paramedici lo estrassero con cautela dall’auto. Sentiva il freddo del mattino sulla pelle, l’adrenalina che gli scorreva nelle vene. Quando lo caricarono sull’ambulanza, provò a parlare:
«La mia gamba… è rotta?» chiese con un filo di voce.
Uno dei medici lo guardò con un’espressione rassicurante. «Non sembra, ma dobbiamo fare degli esami. Sei stato fortunato.»
Fortunato. Teun ripensò a quella parola mentre l’ambulanza sfrecciava verso l’ospedale. Era uscito vivo da un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze ben peggiori. Ma nella sua mente c’era solo un pensiero: sarebbe riuscito atornare in campo?